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La sicurezza non è un incidente

Il Blog di Marzio Marigo

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Postilla » Sicurezza » Il Blog di Marzio Marigo » Igiene e sicurezza del lavoro » La percezione del rischio: alcune slides di presentazione

22 luglio 2013

La percezione del rischio: alcune slides di presentazione

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Ho recentemente tenuto, per alcune istituzioni del territorio, dei moduli formativi inerenti la percezione del rischio da parte dei lavoratori.

Ritengo questo uno tra i principali argomenti da trattare nell’ambito della formazione alla sicurezza sul lavoro, sia nelle scuole sia nei luoghi di lavoro.

A differenza del profluvio di regole asettiche provenienti dalla Conferenza Stato-Regioni, penso che alla base di ogni azione formativa ci debba sempre essere la persona da formare e la valutazione del fabbisogno formativo aziendale. A tale valutazione dovrebbe seguire l’identificazione degli obiettivi formativi dell’azione. La definizione delle tecniche da adottare (on the job, aula, simulazione, ecc.). La competenza richiesta ai formatori (preposti di reparto, psicologi del lavoro, specialisti in tema di sicurezza, datori di lavoro, ecc.). E SOLO al termine del processo di progettazione formativa, si dovrebbe procedere alla quantificazione del monte ore da dedicare ad ogni attività (SOLO AL TERMINE!). Alcuni obiettivi formativi si possono infatti raggiungere in due ore oppure in venti e questo, si badi bene, a prescindere dal codice ATECO di riferimento.

La quantificazione del tempo da dedicare alla formazione DIPENDE dal contesto formativo iniziale, dagli obiettivi che ci si pongono, dalla condivisione di senso con la line aziendale, dall’efficacia misurata dell’azione formativa. E da molto altro. Escluderei da questi parametri il Codice ATECO.

In ogni caso risulta ineludibile che si debba SEMPRE porre al centro dell’azione formativa la persona e i differenti atteggiamenti che ciascuno manifesta nei confronti di ogni singolo contesto di rischio.

LA PERSONA AL CENTRO, QUINDI, NON LE ORE DI FORMAZIONE.

Purtroppo l’approccio ragionieristico che traspare in filigrana nella regolamentazione della Conferenza Stato-Regioni, svilisce la formazione alla sicurezza sul lavoro come evento apicale della valutazione dei rischi e riduce tale fondamentale ed insostituibile strumento di prevenzione nel solito, logoro, disposto normotecnico ispirato a logiche anni ’50. Logiche che non tengono in minima considerazione le profonde ed illuminate riflessioni che si sono sviluppate, in questo settore, nell’ambito della Comunità Europea.

Ritornando al motivo originale del post, proprio perché ritengo che la comprensione della percezione del rischio sia un caposaldo nella formazione alla sicurezza, metto a disposizione di un insieme di slide che possono costituire lo spunto per l’elaborazione di un modulo formativo su tale importante aspetto. 

Ovviamente non hanno la pretesa di essere esaustive, ma vorrebbero comunque essere un contributo sull’argomento.

Il loro utilizzo è LIBERO E AUTORIZZATO a patto di citare la fonte.

Sono benvenuti/richiesti feedback ed ulteriori spunti di riflessione.

Dimenticavo: Buone Vacanze.

:-)

Letture: 15631 | Commenti: 29 |
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29 Commenti a “La percezione del rischio: alcune slides di presentazione”

  1. ugo fonzar scrive:
    Scritto il 23-7-2013 alle ore 20:39

    splendido!
    grazie marzio!

  2. Antonio scrive:
    Scritto il 23-7-2013 alle ore 22:13

    Mi verrebbe da darti ragione, ma poi penso a troppi discenti dei miei corsi e rifletto che in larga misura siamo enti biologici fatti per ricevere ordini, non per capire ed apprendere.

  3. Antonio scrive:
    Scritto il 23-7-2013 alle ore 22:14

    Ah, ovviamente interessantissimo il materiale, che mi esaminerò con calma in Croazia ad agosto!

  4. dario scrive:
    Scritto il 23-7-2013 alle ore 22:38

    finalmente un approccio serio e maturo !!! continuamo a parlarne !!
    dario

  5. La percezione del rischio: alcune slides di presentazione | studioFonzar's Blog scrive:
    Scritto il 23-7-2013 alle ore 23:30

    […] Continua qui… […]

  6. Marzio Marigo scrive:
    Scritto il 24-7-2013 alle ore 10:57

    Grazie a tutti…

    :-)

    …pare che i file video non si riescano a scaricare.

    Qui li ho zippati, speriamo con maggior fortuna.

    https://dl.dropboxusercontent.com/u/7111153/video%20postilla.zip

  7. renato poli scrive:
    Scritto il 26-7-2013 alle ore 07:30

    Stupendo lavoro Marzio, veramente.
    Ho letto che accogli benevolmente eventuali suggerimenti, ti dico il mio, solo come spunto iniziale.
    Le “figure paterne della sicurezza” e loro effetto sulla percezione del rischio dei lavoratori.
    Il bambino impara dai suoi errori e dall’occhio vigile (buono-severo) dei suoi genitori.
    Il lavoratore idem, ma sui suoi errori non dobbiamo far conto, anzi.
    Ecco che quindi che, come RSPP, cerco di far crescere nelle aziende alcune figure “paterne se così si può dire” la cui azione ha effetti benefici sulla percezione del rischi. Con pochissimi semplici gesti e non costano nulla all’azienda: la pacca sulla spalla al momento giusto, l’occhiata severa, l’esempio giusto, il rimprovero ufficiale, il bravo al momento giusto! Ecco, queste persone a mio parere, hanno un fenomenale effetto stabilizzatore dell’asticella della percezione del rischio sui singoli lavoratori. E’ come se mettessero indirettamente in moto un SGSL interno preesistente sopito del lavoratore.
    Grazie del dono Marzio, ciao
    Renato

  8. BIANCA scrive:
    Scritto il 26-7-2013 alle ore 08:55

    Buongiorno, sono sempre dell’idea che è la cultura della sicurezza che manca; la voglia di capire e apprendere. Da anni sostengo che siamo carenti sin dall’età scolare di educazione civica perchè di questo si tratta. Ed il nostro legislatore seguita a “promuovere” T.U con fardelli vari anzichè promuovere la cultura della sicurezza!
    Il problema ovviamente non riguarda solo detta materia di vitale importanza, ma investe l’intero sapere di un popolo che vuole rimanere nella sua ignoranza!

  9. Adriano Tommasi scrive:
    Scritto il 29-7-2013 alle ore 11:46

    Buongiorno, ho trovato le slide interessantissime e l’argomento della percezione del rischio mi interessa molto. Volendo approfondirlo, avrebbe qualche indicazione bibliografica da darmi?

    grazie

  10. Andrea Rotella scrive:
    Scritto il 28-8-2013 alle ore 08:02

    Grazie mille (con ritardo) Marzio.
    Sei stata la prima persona, un paio di anni fa, che mi ha fatto riflettere sulla devastante importanza della percezione del rischio e da allora il mio modo di lavorare e fare formazione è radicalmente cambiato.

    Un paio di corollari:
    1) alla “piramide degli infortuni” da te citata nelle slides, aggiungo quella del progetto Leonardo dell’INAIL che afferma che sussistono i seguenti rapporti tra i vari casi:
    – Infortunio mortale: 1
    – Inabilità permanente: 33
    – Inabilità temporanea (>3 g): 500
    – Infortuni lievi: 2500

    2) Ricordo una discussione che avemmo via mail io, te, Ugo e altri sulla questione “approccio alla formazione”, poco tempo prima che uscissero gli accordi Stato-Regioni sull’argomento.
    Ci eravamo “divisi” su quale direzione dovesse avere l’apprendimento, ovvero:
    – approccio TOP-DOWN (da me preferito)
    – approccio BOTTOM-UP (che tu ritenevi più efficace)
    Ugo aveva raccolto la parte finale della discussione in un thread sul suo forum (cambiando i nomi dei mittenti) che si trova qui:
    http://www.studiofonzar.com/forum/viewtopic.php?f=1&t=1793&p=11750#p11750
    Mi è stato utile rileggerla a distanza di 2 anni e mezzo e magari potrebbe servire come spunto di riflessione anche per altre persone

  11. ugo fonzar scrive:
    Scritto il 28-8-2013 alle ore 16:57

    il link giusto
    http://www.studiofonzar.com/forum/viewtopic.php?f=1&t=1793

  12. Marzio Marigo scrive:
    Scritto il 29-8-2013 alle ore 09:35

    @Renato: grazie degli spunti!

    @Adriano: di seguito posto qualche suggerimento.

    http://www.amazon.com/Risk-Reason-Safety-Law-Environment/dp/0521016258/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1377761114&sr=8-1&keywords=sunstein+risk

    http://www.amazon.com/Risk-A-Very-Short-Introduction/dp/0199576203/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1377761152&sr=8-1&keywords=baruch+risk

    http://www.amazon.com/Risk-Culture-Selection-Technological-Environmental/dp/0520050630/ref=sr_1_1?ie=UTF8&qid=1377761413&sr=8-1&keywords=mary+douglas+risk

    http://www.amazon.com/Acceptability-According-Sciences-Research-Perspectives/dp/0871542110/ref=sr_1_3?ie=UTF8&qid=1377761438&sr=8-3&keywords=mary+douglas+risk

    @Andrea: il problema della percezione del rischio è una mia vecchissima fissazione. Qui si trova un embrione di quanto pensavo 10 anni fa sull’argomento. Purtroppo, in alcuni punti, non sono più d’accordo con me stesso, ma questo è un altro problema… :-)

    http://www.sicurezzaonline.it/primop/ppgen/ppgendoc/intfor/migeffintfor.htm

  13. dario scrive:
    Scritto il 6-10-2013 alle ore 09:43

    il mondo del lavoro è sempre più complesso e frammentato. la formazione e la modifica di atteggiamenti pro-sicurezza è una azione complessa. dobbiamo avere sempre la consapevolezza del contesto socio-lavorativo in cui operiamo… to be coninued..

  14. Marzio Marigo scrive:
    Scritto il 9-11-2013 alle ore 20:56

    INTERPELLO N. 11/2013 DEL 24/10/2013

    La commissione per gli interpelli, con documento n. 11/2013, così risponde a Federambiente che chiede, nello specifico, se: “(…) la durata e i contenuti della formazione ai lavoratori possa prescindere dall’appartenenza ad uno specifico settore Ateco e possa essere tarata sulla effettiva condizione di rischio che si rileva, per ciascuna attività lavorativa, a valle del processo di valutazione (…)”.

    La commissione di interpello fornisce una fondamentale interpretazione, che fa tornare, nei fatti, l’attività formativa allo spirito originale dell’azione, così come previsto nel D.Lgs. n. 81/2008. Un’attività formativa elaborata in funzione alle specifiche condizioni di rischio della mansione aziendale svolta e non già burocraticamente determinata in base ad un codice che nulla dice del reale rischio connessi ai compiti svolti dal lavoratore.

    Più nel dettaglio, la commissione specifica che: “(…) Alla luce delle vigenti disposizioni normative ed in particolare sulla base di quanto indicato negli accordi Stato-Regioni citati in premessa, la formazione – che deve essere “sufficiente ed adeguata” – va riferita all’effettiva mansione svolta dal lavoratore, considerata in sede di valutazione dei rischi; pertanto la durata del corso può prescindere dal codice Ateco di appartenenza dell’azienda.”

    Bene, una buona notizia.

    https://dl.dropboxusercontent.com/u/7111153/Interpello%2011-2013.pdf

  15. ugo fonzar scrive:
    Scritto il 9-11-2013 alle ore 22:18

    scommettiamo che ora si apre la discussione della serie “un interpello, rispetto un accordo-conferenza-stato-regioni” che valenza ha?

    mah…

  16. Emanuela scrive:
    Scritto il 10-11-2013 alle ore 16:20

    Spero che Ugo non abbia ragione, ma temo… che… invece si. Senza usare paroloni del tipo “certezza del diritto”, ma una visione unitaria, quando mai i nostri grandi la raggiungeranno?

  17. ugo fonzar scrive:
    Scritto il 10-11-2013 alle ore 20:37

    “i nostri grandi” chi? ;)

  18. Emanuela scrive:
    Scritto il 11-11-2013 alle ore 01:39

    “i nostri grandi” sono quelli che possono sanzionarci o condannarci in un’aula di tribunale, ovviamente, chi altro? Quelli per i quali un regolamento vale solo per i dipendenti del ministero che l’ha promulgato, e via di questo passo…

  19. Andrea Rotella scrive:
    Scritto il 11-11-2013 alle ore 08:51

    Per rispondere ad Ugo, circa la valenza dell’interpello: art. 12, comma 3 del D.Lgs. n. 81/2008.

    Attenzione su un aspetto, cmq: l’interpello è importante nella misura in cui il codice ATECO non fosse proprio rappresentativo delle condizioni di rischio dell’azienda (mi sta capitando in quesito giorni in cui sto facendo da docente per la formazione di RSPP dell’Agenzia delle dogane che, in quanto PA, se la caverebbe con un modulo B8 da 24 ore. Hanno invece deciso, almeno per l’RSPP dei laboratori di far fare il modulo B5, nonostante non abbiano quell’ATECO lì).

    Tuttavia, se questo può dunque rappresentare un’effettiva occasione per meglio tarare i programmi di formazione (atteso che onestamente non vedevo difficoltà nemmeno senza questo interpello a farlo in funzione della valutazione dei rischi e dei bisogni formativi), non può essere in nessun caso un modo per ridurre la durata dei corsi.
    Lo dico a beneficio di chi c’avesse fatto un pensierino.

    D’accordo che l’interpello dice “la durata può prescindere dal codice ATECO”, ma non scordiamo che, per l’art. 37 del D.Lgs. n. 81/2008, la durata è fissata dall’Accordo SR.
    Quindi, sì può prescindere, purché si prescinda alzando il numero di ore.

    Se avessero voluto consentire una riduzione del numero di ore, l’avrebbero scritto chiaramente.

    Ad avvalorare quanto affermo è anche il fatto che l’Interpello ha solo funzione interpretativa e, a differenza di un giudice, in questo caso l’interpretazione è molto meno “discrezionale”. In poche parole, la risposta ai quesiti è già scritta da qualche parte, loro si occupano solo di metterla in bella copia.
    Ed infatti, in questo caso, la risposta al quesito era già contenuta nell’Accordo SR del 25 luglio 2012.
    In poche parole, puoi ridurre il numero di ore, da 16 o 12, ma non puoi scendere sotto le 8 ore e sempre stando attenti a quello che dice la CSR riguardo all’accesso ai reparti produttivi.

  20. ugo fonzar scrive:
    Scritto il 11-11-2013 alle ore 10:33

    semplificando
    L’INTERPELLO NON SERVE A NULLA
    serve solo ad avere le stesse parole scritte sulla legge o sull’accordo stato regioni

    w l’italia

  21. Marzio Marigo scrive:
    Scritto il 11-11-2013 alle ore 14:10

    Non sarei così definitivo.

    In realtà, grazie alla contestualizzazione fatta da Andrea Rotella, l’interpello citato possiede comunque un suo significato.

    Penso soprattutto a tutte quelle attività, afferenti ad un codice Ateco gravoso, ma che non comportano i rischi specifici di quel settore (es. attività di ufficio che non prevedono l’accesso ai reparti).

    Grazie a tutti

    :-)

  22. ugo fonzar scrive:
    Scritto il 11-11-2013 alle ore 14:15

    no spetta marzio
    che si debba aspettare un interpello che dica dinuovo che le attività di ufficio che non prevedano accesso ai reparti mi sembra veramente da … (nei puntini metti tu e mettete voi l’aggettivo qualificativo che vi sentite)

    se avesse detto il sig. interpello, con la sua autorità, che ci sono attività di ufficio a rischio medio (ad pubblica amministrazione) che però possono fare un livello basso in quanto non esistono i reparti produttivi avrebbe fatto riflettere

    così siamo rimasti come prima…

  23. Marzio Marigo scrive:
    Scritto il 11-11-2013 alle ore 14:22

    Grazie Ugo

    ma rimango della mia idea, che ormai ho espresso in mille modi, anche qui.

    Non conta la quantità ma la qualità della formazione.

    E gli obiettivi, soprattutto.

    Forse solo gli obiettivi formativi.

    Vedremo che uso ne farà federambiente.

  24. ugo fonzar scrive:
    Scritto il 11-11-2013 alle ore 14:31

    Marzio
    la tua idea di
    Fabbisogno
    Obiettivi
    Qualità
    Feed.back finale
    sulla formazione sono solo che condivisibili e sacrosanti (anzi, NORMALI)

    io oramai soffro di prurito (oramai cronico) quando vedo ste cose da parte del “ns legislatore” (trattasi forse di malattia professionale… con tutto il rispetto per la patologia “vera”)

  25. Marzio Marigo scrive:
    Scritto il 11-11-2013 alle ore 17:06

    Nel recente libro di Nassim Nicholas Taleb intitolato “Antifragile”, si introduce il concetto di “iatrogenesi”. Quel fenomeno connesso ai trattamenti medici, che fa star peggio il paziente invece di guarirlo. Accade negli ospedali, riccamente inondati da virus e avviene a causa della somministrazione di farmaci con molti effetti collaterali. Un antidolorifico non steroideo, magari ti fa passare il mal di gomito, ma ti causa un’emorragia gastrica.

    Ogni provvedimento in tema di sicurezza sul lavoro appare sempre di più “iatrogenico”. È, cioè, portatore di una cosi elevata quantità di effetti collaterali che alla fine uccide il malato.

    E il provvedimento che, secondo me, è il paradigma di questo paradossale effetto è proprio rappresentato dall’Accordo Stato-Regioni del 25 luglio 2012. Un’accrocchio indigeribile, impossibile da applicare compiutamente (pensiamo solo alle nuove assunzioni) e inefficace.
    Profondamente inefficace per due fondamentali motivi, per me:

    – non è una formazione finalizzata al raggiungimento di obiettivi misurabili fondati sul fabbisogno formativo aziendale;
    – non utilizza i normali canali comunicativi attraverso i quali le informazioni dell’organizzazione vengono canalizzate.

    Soprattutto a causa del secondo punto si crea una distonia nella comunicazione aziendale che danneggia l’intera azione formativa.

    Quindi l’errore radicale, fondamentale e madornale è contenuto nell’Accordo Stato-Regioni non nell’istituto dell’Interpello.

    L’interpello “fa quello che fa”. A me sembra mosso da una esigenza di fare chiarezza, e chi lo ha scritto appare cosciente che non può superare o contraddire fonti normative di ordine superiore.
    Ma è una mia impressione.
    Un parere tra i tanti.

    Lascio ora la zona dei commenti con due considerazioni, tratte sempre dal libro di Taleb citato in precedenza, nelle quali mi sono specchiato alla perfezione:

    “(…) L’errore del razionalismo ingenuo porta a sovrastimare il ruolo e la necessità della conoscenza (…) codificabile e di tipo dichiarativo (…) nelle questioni umane e a degradare quella non codificabile, più complessa, intuitiva o fondata sull’esperienza (…)”

    “(…) ciò che si apprende in classe, perlopiù, rimane confinato alla classe (…)”

    Buona giornata

  26. ugo fonzar scrive:
    Scritto il 11-11-2013 alle ore 17:40

    Marzio sei fantastico e ci illumini sempre
    IATROGENICO !

    Quando abbiamo spiegazioni tecnico-scientifiche ci calmiamo giustamente tutti!

    Segnalo quanto segnalato da Bruzio tramite un suo amico (Maurizio) su http://www.reteambiente.it/news/19281/analfabetismo-funzionale-e-allarme-ocse-sull-itali/
    che spiega cosa è l’analfabetismo funzionale
    che è origine e punto d’arrivo del problema della ns società
    DELLE AUTORIZZAZIONI (inutili)
    DELLE REGOLE (pleonastiche)

    Il rischio è che la diffusione dell’analfabetismo funzionale possa dar vita a una società sbilanciata e come tale molto pericolosa che non sa risolvere i problemi ma ne solleva molti altri. Se chi comanda e decide è un analfabeta funzionale, i danni che può fare sono elevatissimi!

  27. Andrea Rotella scrive:
    Scritto il 11-11-2013 alle ore 21:09

    Ho letto anch’io “Antifragile” e condivido il commento di Marzio sulla iatrogenesi insita negli interventi del legislatore.

    Aggiungo, sempre rifacendomi al citato libro, che questo si inserisce nel solco del nostro atavico approccio di tipo Top-Down che, cioè, ricerca una regolamentazione imposta dall’alto e che realizza sistemi “fragili” (nel senso inteso dall’autore del libro) con scarsa capacità, dal basso, di riuscire ad andare poi oltre l’approccio burocratico.

    E’ sufficiente confrontare il testo delle Direttive sociali madri, con il nostro recepimento nel D.L.gs. n. 81/2008, per rendersi conto di come si sia riusciti a complicare in modo abnorme un testo snello in origine.

    Se poi il “medico” (ovvero il legislatore) è incompetente, il risultato non può che essere iatrogeno.

    Se non si aveva il coraggio di dire chiaro e netto che la durata dei corsi doveva essere adeguata al fabbisogno formativo, ci si poteva limitare a definirne la durata (8, 12 o 16 ore, se è quello che la CSR pensa siano le classi di fabbisogno formativo dei lavoratori italiani) direttamente in rapporto agli esiti della valutazione dei rischi (basso-medio-alto, per usare la medesima dizione scelta dalla CSR), come del resto già si fa con il rischio di incendio. Ma usare il codice ATECO, no! È veramente ridicolo.

  28. Andrea Rotella scrive:
    Scritto il 11-11-2013 alle ore 21:32

    Una piccola aggiunta.
    La critica di Taleb riportata da Marzio:

    “(…) L’errore del razionalismo ingenuo porta a sovrastimare il ruolo e la necessità della conoscenza (…) codificabile e di tipo dichiarativo (…) nelle questioni umane e a degradare quella non codificabile, più complessa, intuitiva o fondata sull’esperienza (…)”

    ci può stare…
    Tuttavia, bisogna anche ricordare che lo stesso Taleb, nel criticare coloro che credono nei benefici incondizionati dell’esperienza, nel suo precedente libro, prendeva come spunto la metafora del Tacchino induttivista di Bertrand Russel (poi ripresa da Karl Popper):

    Un tacchino, in un allevamento statunitense, decise di formarsi una visione del mondo scientificamente fondata.
    «Fin dal primo giorno questo tacchino osservò che, nell’allevamento dove era stato portato, gli veniva dato il cibo alle 9 del mattino. E da buon induttivista non fu precipitoso nel trarre conclusioni dalle sue osservazioni e ne eseguì altre in una vasta gamma di circostanze: di mercoledì e di giovedì, nei giorni caldi e nei giorni freddi, sia che piovesse sia che splendesse il sole. Così arricchiva ogni giorno il suo elenco di una proposizione osservativa in condizioni più disparate. Finché la sua coscienza induttivista non fu soddisfatta ed elaborò un’inferenza induttiva come questa: “Mi danno il cibo alle 9 del mattino”. Purtroppo, però, questa concezione si rivelò incontestabilmente falsa alla vigilia di Natale, quando, invece di venir nutrito, fu sgozzato.»

    Diciamo che se l’esperienza è importante, non può molto nelle situazioni di tipo Knowledge Based dove è proprio la conoscenza a fare la differenza tra il tacchino (che non sa e non immagina perché tutte le mattine alle 9 gli portano da mangiare e anzi, inferisce che l’allevatore sia il suo migliore amico perché ogni mattina gli porta da mangiare. Soprattutto non pensa, né a motivi per farlo, di scappare) e l’allevatore (che sa perfettamente che alle 9 di mattina deve portare da mangiare al tacchino per farlo ingrassare per la vigilia di Natale).

    Diciamo che tra esperienza e conoscenza non c’è un netto vincitore: in medio stat virtus

  29. ugo fonzar scrive:
    Scritto il 11-11-2013 alle ore 21:51

    in mezzo a voi due
    ci e mi sento molto sicuro :)

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