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La sicurezza non è un incidente

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Postilla » Sicurezza » Il Blog di Marzio Marigo » Igiene e sicurezza del lavoro » Analisi e/o valutazione dei rischi secondo il TUs?

1 ottobre 2009

Analisi e/o valutazione dei rischi secondo il TUs?

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La lettura del D.Lgs. n. 81/08 (così come modificato dal D.Lgs. n. 106/09) evidenzia che l’intero impalcato della sicurezza azienda è posato su un plinto di fondazione chiamato “valutazione dei rischi”.

Inoltre, una breve ricerca nel TUs fa emergere che l’azione definita “analisi e valutazione dei rischi” non è presente E’ rilevabile solo la più semplice “valutazione dei rischi”.

E’ solo una questione terminologica oppure l’assenza del sostantivo “analisi” determina ricadute importanti?

Prima di esprimere un giudizio di merito è meglio approfondire il significato del termine analisi. E per riuscire nell’impresa dovrò salire per un attimo sulle spalle dei Giganti. 

Il Devoto-Oli indica con il sostantivo “analisi”:

  • un metodo conoscitivo che procede dall’individuazione e dallo studio dei particolari
  • la scomposizione di un tutto organico nelle sue parti.

Quindi analizzare significa scomporre lo scenario analizzato in molti sottoinsiemi più facilmente trattabili e valutabili, giusto? 

ritratto2 

Una bella esemplificazione di cosa significhi analisi ci è inoltre data da Primo Levi che, rispondendo a Faussone nel bellissimo “La chiave a stella”, dice: “Il mio mestiere vero, quello che ho studiato a scuola e che mi ha dato da vivere fino ad oggi, è il mestiere del chimico. (…) noi montiamo e smontiamo delle costruzioni molto piccole. (…) Quelli che smontano, cioè i chimici analisti, devono essere capaci di smontare una struttura pezzo per pezzo senza danneggiarla, o almeno senza danneggiarla troppo (…)”. 

È possibile andare anche molto più indietro nel tempo. Leggiamo insieme:”Non prendere mai niente per vero (…) ovvero, evitare accuratamente la fretta e il pregiudizio, (…) così chiaramente e distintamente da escludere ogni possibilità di dubbio. Dividere ognuna delle difficoltà sotto esame nel maggior numero di parti possibile, e per quanto fosse necessario per un’adeguata soluzione. (…) cominciando con oggetti semplici e facili da conoscere (…) salire poco alla volta, e come per gradini, alla conoscenza di oggetti più complessi; assegnando nel pensiero un certo ordine anche a quegli oggetti che nella loro natura non stanno in una relazione di antecedenza e conseguenza. E per ultimo (…)  fare in ogni caso delle enumerazioni così complete, e delle sintesi così generali, da poter essere sicuro di non aver tralasciato nulla.” 

Il discorso sul metodo di Cartesio, non rappresenta forse il miglior esempio di metodologia di analisi mai elaborato? Era il 1637.
Non appare forse la sintesi di Cartesio molto simile a metodiche moderne di analisi del rischio quali la FMEA (Failure modes and effects analysis) e la FTA (Fault Tree Analysis)?

 frontespizio3

 

 

In conclusione, e vengo alla domanda che mi ero posto all’inizio, il termine “valutazione dei rischi” presente all’interno del D.Lgs. n. 81/08 non può che essere una sintesi mal riuscita della più completa ed articolata “analisi e valutazione dei rischi” che noi tutti bene conosciamo.

Letture: 6467 | Commenti: 10 |
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10 Commenti a “Analisi e/o valutazione dei rischi secondo il TUs?”

  1. Dragan Bosnjak scrive:
    Scritto il 1-10-2009 alle ore 10:41

    Allora, parlo del famoso ciclo PDCA di Deming (ruota di Deming): Plan Do Check Act.
    Pianificazione (PLAN=P): analisi e studio della situazione attuale e dei processi valutati, nel DVR, come dici tu, non è prescritta dal DLGS
    Esecuzione (DO=D): valutare il rischio, tocca a farlo con 2-3 osservazioni dell’azienda (io personalmente ho adottato FMEA però sono RSPP interno e avevo a disposizione il tempo per farlo…)
    Controllo (CHECK=C): Cosa? Non ho sentito? Qualcuno ha detto che bisogna rileggere la valutazione e vedere se tutto è applicato? Alla fine il controllo si riduce solo alla firma sul DVR e basta…
    Azione (ACT=A): Bisognerebbe anche migliorare? Ma se non abbiamo neanche letto la parte del controllo della situazione attuale…

    Pertanto: il miglioramento continuo del sistema sicurezza = impossibile!
    PS. Anche se ho fatto la FMEA, pensi che qualcuno l’abbia letta? Ma tutti hanno firmato…

  2. ugo fonzar scrive:
    Scritto il 1-10-2009 alle ore 12:10

    @Dragan
    lascia che firmino ;)
    che a posteriori aiuta (se non ti voglion ascoltare!)
    è in atto il piano B (il piano A è “far sicurezza” il piano B è il secondo livello … direi “mettersi al sicuro in caso di…” che non è un bel sport a dir il vero, ma siamo tutti dentro la stessa barca o bagnarola)

    @Marzio
    io ragionerei anche con la più prosaica EN ISO 14121-1 (per le macchine) ovvero la EN ISO 12100-1

    valutazione del rischio: Processo complessivo che comprende un’analisi del rischio e una ponderazione del rischio.

    analisi del rischio: Combinazione della determinazione dei limiti della macchina, dell’identificazione del pericolo e della stima del rischio.

    stima del rischio: Definizione della probabile gravità del danno e della probabilità del suo accadimento.

    ponderazione del rischio: Giudizio destinato a stabilire, sulla base dell’analisi del rischio, che gli obiettivi di riduzione del rischio sono raggiunti.

  3. Serafino Frongia scrive:
    Scritto il 1-10-2009 alle ore 12:17

    Se mi concentro su ANALISI e VALUTAZIONE in maniera separata, riconosco una pari importanza fra i due termini ed un loro stretto legame : l’analisi mi indica quale evento o serie di eventi possano trasformarsi in un rischio e quali siano le conseguenze, mentre la valutazione assegna un peso all’evento ed alle conseguenze (frequenza dell’evento e gravità della conseguenza).
    Se tralasciamo l’analisi a mio modo di vedere sarebbe necessario avere un elenco esaustivo e completo degli eventi e delle combinazioni di questi che portano alla situazione di pericolo, demandando la sola valutazione di questi rischi al tecnico.
    In parte questo avviene ad esempio per le macchine (ovvero attrezzature di lavoro) per le quali le norme tecniche armonizzate (ove presenti) sono la guida all’individuazione dei rischi correlati all’uso, garantendo una presunzione di “sicurezza” e non una certezza.
    Detto questo, il fatto di eliminare il termine analisi e supponendo che questo ne elimini il concetto ed in assenza del concetto di “presunzione di sicurezza” credo che alla domanda di Marzio si debba rispondere che l’assenza del termine è molto significativa

  4. Dragan Bosnjak scrive:
    Scritto il 1-10-2009 alle ore 12:30

    @Serafino
    Purtroppo, gli elenchi di cui giustamente stai parlando, non sono mai esaustivi…
    Perché ogni posto di lavoro porta rischi diversi, anche se le macchine sono uguali e le lavorazioni su di esse effettuate idem. E quindi, come giustamente sottolinei, si tratta solo di presunzione di sicurezza…
    Pertanto l’elemento di analisi della situazione reale “sul posto e nel contesto esaminato” è di fondamentale importanza per fare bene la valutazione…

    @Ugo
    E allora si naviga ;)
    PS. Non credo che il legislatore abbia pensato alla EN ISO 14121-1 o EN ISO 12100-1 quando scriveva la legge… E spero di sbagliarmi…

  5. Marzio Marigo scrive:
    Scritto il 1-10-2009 alle ore 13:33

    @ Dragan Bosnjak: La tua è una problematica molto, molto diffusa. Soprattutto in aziende nella quali non esiste una reale condivisione di senso negli obiettivi da raggiungere. Il consulente cosa deve fornire all’azienda? La conformità della documentazione presente? Oppure si richiede il miglioramento delle condizioni di salute e di sicurezza dei propri lavoratori? Tra la prima e la seconda ipotesi ci sono vari ordini di grandezza.

    @ Ugo: Il riferimento al TUs e, più in generale, alle direttive sociali non è stato fatto casualmente. Ho ben presente che nel mondo delle direttive di prodotto, per fortuna, esistono le norme tecniche armonizzate che permettono un sofisticato inquadramento delle maggiori problematiche.

    @ Serafino: Hai perfettamente ragione. Il problemino con il quale ci si confronta non è la sola analisi e valutazione. Ma è pure lo scenario di incidente sulla base della quale incernierare la valutazione. Quante fattori/variabili esistono? Quante anomali (organizzative, tecniche, comportamentali) ritengo credibili? Una, due, tre, n in sequenza? A giudicare dalle sentenze che a volte si leggono, il valutatore più che “prevedere” dovrebbe “predire”. Più che dar corso ad una seria e logica “analisi” e successiva “valutazione”, dovrebbe scrutare gli scenari con tecniche proprie della “divinazione”.

    E lasciamo perdere, per carità di patria, il concetto privo di significato (a priori) di valutare “tutti” i rischi (art. 17, D.Lgs. n. 81/08), ma molto utile per chi deve giudicare a posteriori.

  6. Serafino Frongia scrive:
    Scritto il 1-10-2009 alle ore 15:02

    Perfetto
    In effetti la mia citazione e quella di Ugo (che ho letto solo ora vista che probabilmente abbiamo postato in contemporanea) riferita alle macchine è forse scarsamente applicabile al contesto tipico di un’azienda (è più vicino il concetto delle macchine custom o degli impianti, ma ci ragioneremo in altri momenti)perchè ha un enorme vantaggio rispetto all’analisi dei rischi aziendali: l’oggettività o, per dirla meglio, l’estraniazione da casi particolari nella valutazione (ci si rifà a situazioni standard).
    Di conseguenza, analizzare ad esempio i rischi di un trapano in un contesto asettico ed oggettivo come l’officina di un costruttore può limitarsi anche solo ad una valutazione mentre l’analisi dei rischi dell’attrezzatura di lavoro trapano installata presso la tal torneria non può decontestualizzarsi dall’azienda dove è collocato e quindi l’uso delle check list che ipotizzavo nel precedente intervento, che potrebbero dare una sorta di presunzione di sicurezza, in realtà a mio modo di vedere resteranno solo ipotesi ed a ragion veduta.
    In sintesi, per un discorso di correttezza tecnica, il termine analisi andava lasciato ma la sua assenza non può esimere chi valuta dal compiere anche un’analisi.

  7. Marzio Marigo scrive:
    Scritto il 1-10-2009 alle ore 17:48

    @ serafino: non posso che concordare.

    Fornisco, a questo proposito, la definizione di valutazione dei rischi proposta dal TUs.

    Valutazione dei rischi: valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza.

    A mio parere (oltre che per l’aspetto di analisi preliminare) risulta molto più operativa e tecnica quella proposta dalla norma BS 8800. Risk assessment: process of identifying hazards and evaluating the risks to health and safety arising from these hazards taking account of the existing risk controls (or, in the case of a new activity, the proposed risk controls).

  8. ugo fonzar scrive:
    Scritto il 1-10-2009 alle ore 20:08

    @marzio 4.3.1 sai no? ;)

    3.22 Valutazione del Rischio: processo di valutazione del rischio/i originati da un pericolo/i, considerata
    l’adeguatezza di qualsivoglia controllo esistente, e decisione se tale rischio é accettabile o meno.

    dalla “mamma 18001″ :)

  9. Marzio Marigo scrive:
    Scritto il 2-10-2009 alle ore 11:24

    L’art. 4.3.1 dell’OHSAS! E come potrei dimenticarlo… :-)

  10. This week on Postilla #3 scrive:
    Scritto il 4-10-2009 alle ore 08:32

    […] post interessante di Marzio Marigo: Analisi e/o valutazione dei rischi secondo il TUs? che parla della frase “analisi e valutazione del rischio” assente nel TU sulla […]

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